domenica 5 aprile 2015

Intervento al seminario di studi su “Lavoro, famiglia, salute”, CISL Napoli 4-3-2015 dottor GIUSEPPE ERRICO

GIUSEPPE ERRICO
La cura della conciliazione e delle genitorialità

Oggi più che mai il bisogno di relazione e di aver "più tempo" per gestire i carichi familiari sollecita una riflessione e la necessità di luoghi per i bambini e le famiglie, piuttosto che servizi solo per i bambini; la presenza dei genitori, non necessariamente fisica, ma il loro sempre più frequente bisogno di chiedere, di domandare, nel tentativo di essere genitori adeguati e autorevoli, impone gli addetti ai lavori (psicologi, animatori, assistenti sociali e educatrici) un ribaltamento di prospettiva culturale, rispetto al lavoro di chi educa o cura, abdicando al ruolo di protagonismo che l’azione educativa e sociale spesso evoca (il potere assegnato al competente, a colui/lei che indica in senso prescrittivo come si deve fare) per sostituire all’atteggiamento invadente e un tantino presuntuoso di chi si ritiene “esperto”, la forza e la dolcezza, o meglio come dice Canevaro, la forza nella dolcezza attraverso un ascolto partecipante.
Canevaro citando B. Schwartz, ricorda che c’è nell’ ascolto anche un possibile rischio di manipolazione dell’altro: questo accade quando si ascolta con l’intenzione di impossessarsi dei discorsi dell’altro per “metterli al servizio dei propri interessi”.
Quando invece ascoltare l’altro significa sforzarsi di “sentirlo”, “andare verso di lui”, “capire da dove parla”, cioè da quale premessa costruisce il proprio pensiero, si abbassa la soglia del potere erroneamente interpretato, per innalzare il livello di responsabilità e condivisione che comunque appartiene ad ogni “tecnico” e che chi educa deve prevedere.
Nei servizi educativi - come nei centri per le famiglie - il tentativo di stare assieme anche ai genitori, sforzandosi di capire da dove parlano, per condividere stili relazionali, esperienze di vita quotidiana, rimanda alla necessità di valorizzare non solo gli elementi di forza che caratterizzano i saperi, ma anche quelli di debolezza, esaltando la reciprocità delle competenze che si danno come dono lieve e non come certezze grevi e tantomeno assolute. 
Per questo ed altri motivi occorre insistere sulla valorizzazione del sostegno alla famiglia: sempre più assume maggiore valore la collaborazione tra servizi e famiglie anche per facilitare l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro e per favorire la conciliazione dei tempi di cura e lavoro: compaiono dunque riferimenti come: sostenere le famiglie; facilitare l’accesso della donna al lavoro; promuovere un servizio alla famiglia; assicurare un sostegno alle famiglie; sostenere il lavoro di cura dei genitori; facilitare l’accesso dei genitori al lavoro; collaborare con le famiglie; fornire un servizio di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; facilitare inserimento sociale e lavorativo dei genitori.
Da tempo il nostro impegno associativo (Agenzia Arcipelago Onlus, Ipers) nel settore dei servizi socio educativi per l'infanzia e le famiglie, è quello di far dialogare alcune prassi multiaccadimentali (cura, riabilitazione, prevenzione, ecc.) fondamentali che ispirano la progettazione in ambito tecnico con la cura e la prevenzione sociale, nel tentativo di facilitare una integrazione tra discipline  diverse.
L'intento è quello di promuovere una coscienza della cura, più adeguata coerenza tra ciò che viene elaborato e prodotto nei servizi e la loro traduzione in azioni di programmazione, azioni che solo un impianto culturale e sociale aggiornato può facilitare.
Il tema dell’aiuto e sostegno alle famiglie costituisce una sfida per il futuro in un mondo che cambia senza soste.  
Se leggiamo le leggi regionali e nazionali (ex legge 285/97) dedicate all'infanzia e alle famiglie,  si può ritracciare un certo rispetto del legislatore rivolto ai temi della pratica educativa; ci sono infatti termini che ricorrono come "cura, socializzazione, educazione per lo sviluppo delle potenzialità cognitive, affettive, relazionali e sociali del bambino e del gruppo, valorizzazione delle competenze genitoriali e facilitazione per l’armonizzazione dei tempi di cura e di lavoro".
Questi termini evocano un rispetto circa i temi salienti che caratterizzano l'operato del personale dei servizi e laddove le leggi rimarcano tale valore, è opportuno che anche i progetti e le azioni che il personale mette in campo nei propri servizi, raccogliessero e dessero significato a tali affermazioni. La pratica supera la teoria.
Il  patrimonio di pensieri e gesti, e quindi di riferimenti culturali, lasciato in eredità dai servizi socio-educativi ai genitori è un patrimonio attivo, costruito assieme a loro e lasciato loro in eredità perché possano, attraverso la memoria, riappropriarsi, di tanto in tanto, con i loro figli di un vissuto condiviso assieme ad altri bambini e genitori in un luogo in un tempo dove la quotidianità si sforza di non essere fatta di gesti distratti, ma di piccole soste necessarie a ritrovare l’integrità del proprio “io” in relazione ad altri che diventano tanti “noi”. Per questo non può essere disperso.
E’ dalla cultura dei gesti e dei pensieri che si affina la consapevolezza nel genitore più adeguato, in grado di riconoscere le proprie risorse da mettere in gioco nella relazione con il proprio figlio o di esprimere il bisogno di sostegno da rivolgere a servizi amichevoli, laddove la mancanza di riferimenti può disorientare; è da quella stessa cultura, di gesti e pensieri, che trae consapevolezza anche chi opera nel settore rispetto alla propria funzione educativa che assume una responsabilità maggiore ed una interpretazione di ruolo sicuramente più complessa.

Infine la cultura dei gesti e dei pensieri, di cui ogni bambino e genitore è testimone, una volta lasciato i servizi educativi, non può che produrre ricchezza soprattutto nell’incontro con i servizi educativi e scolastici presenti lungo il tragitto scolastico. A volte l’incontro può essere semplice o più faticoso, altre volte impertinente o carente; tuttavia, nel tempo costituisce sempre un’occasione di riflessione, conoscenza e di sfida che un sistema sociale sufficientemente adeguato, se lo ritiene opportuno, può e deve raccogliere, rielaborare e rilanciare. Oggi occorre, con sempre maggiore frequenza,  valorizzare il tema delle prassi di conciliazione, della collaborazione con le famiglie e, in termini di continuità educativa orizzontale e verticale, in primis lo psicologo non trascura di sottolineare l'importanza di uno scambio e di una integrazione tra l'area psicoeducativa e quella sociale e sanitaria e culturale. Si profilano in questo senso come virtuosi tutti i rapporti con le istituzioni e le professionalità che aiutano a rendere il percorso di nascita e crescita del bambino coeso, armonico, integrato, condiviso con le famiglie, un percorso senza strappi e contraddittorie interruzioni.

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